ROTTURA DEL TENDINE QUADRICIPITALE E ROTULEO
Quello quadricipitale e rotuleo è il tendine più grande del nostro corpo, ha il compito di collegare la rotula con la tibia e può sostenere tensioni che arrivino fino a 8 volte il peso del corpo; può succedere che si rompa in seguito a cadute dall’altro o condizioni patologiche già presenti (come tendinopatie croniche, utilizzo di corticosteroidi e steroidi anabolizzanti etc.) e, quando avviene, il paziente riferisce dolori intensi al ginocchio. Sofferenza dell’arto, rossore, calore e gonfiore sono i sintomi della rottura del tendine che, se parziale, sarà trattato con immobilizzazione e riabilitazione, se totale necessiterà dell’intervento chirurgico.
FRATTURA DELLA ROTULA
La rotula è l’osso più grande del ginocchio e, vista la sua posizione, è maggiormente esposta a traumi che possono portare alla sua frattura; i sintomi delle fratture, che sono normalmente composte o scomposte, sono ematomi, dolore, impotenza nella deambulazione e versamento articolare. Il trattamento può essere conservativo e chirurgico, a seconda dell’entità della lesione: se la frattura è composta si potrà utilizzare anche un tutore, se invece è scomposta sarà necessario ridurla e stabilizzarla, tramite dei mezzi di sintesi. Per il recupero della mobilità dell’articolazione sarà necessario affrontare delle sedute di fisioterapia.
LESIONI CARTILAGINEE
La cartilagine è un tessuto molto elastico e resistente che ha la funzione di salvaguardia dei rapporti articolari, simile a quella di un cuscinetto ammortizzatore. A seguito di traumi o processi degenerativi è possibile che si lesioni, causando non pochi problemi per via dell’impossibilità a guarire da sola, in quanto sprovvista di vasi sanguigni. Esistono diversi tipi di lesioni: alle articolazioni (ginocchio, caviglia, anca e spalla), agli organi respiratori (gola e torace), al naso, ai padiglioni auricolari, e quelle causate da malattie degenerative come l’artrosi.
MENISCOPATIE E ROTTURA DEL MENISCO
Il menisco è una struttura fibrocartilaginea a forma di ferro di cavallo, sita tra la cartilagine e l’osso, il cui scopo è la protezione dell’articolazione, essendo una sorta di cuscinetto, attutisce gli urti subiti. Due sono le tipologie delle meniscopatie: di origine traumatica e degenerativa. Le prime interessano i giovani e gli sportivi e sono provocate da traumi ed infortuni, le seconde sono causate dall’erosione del tessuto che compone il menisco, tipico dell’età avanzata. Dolore, gonfiore, rigidità, perdita di forza muscolare e difficoltà di flessione sono alcuni dei sintomi di questa patologia, il cui trattamento può essere conservativo, in presenza di danno di piccole entità, o chirurgico in presenza della rottura del menisco.
ROTTURA DEI LEGAMENTI COLLATERALI (LCM, LCL)
La rottura dei legamenti avviene solitamente nei gesti sportivi e può essere di tre tipologie: lieve, quando il dolore è presente ma il ginocchio è stabile, un po’ più intensa, quando il dolore è meno moderato ed è presente una lieve instabilità, e grave a seguito della rottura del legamento. L’approccio conservativo rappresenta, generalmente, il metodo terapeutico più indicato a meno che non sia presente un quadro clinico nel quale il legamento sia compromesso e danneggiato, in tal caso troverà indicazione l’intervento chirurgico. Stampelle e ginocchiere saranno utili, subito dopo l’immobilizzazione, per facilitare la deambulazione che non deve stressare il legamento sofferente; seguiranno esercizi in grado di favorire la cicatrizzazione al fine del completo recupero dell’articolazione e del gesto quotidiano.
ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO POSTERIORE (LCP)
I legamenti hanno il compito di stabilizzare e garantire l’allineamento del ginocchio durante qualsiasi tipo di movimento che l’articolazione compie; i crociati risiedono al centro e sono di due tipologie: anteriore o posteriore, a seconda della loro ubicazione. Dolore, gonfiore ed instabilità sono i sintomi che caratterizzano la sua lesione che comunemente avviene a seguito di traumi sportivi o incidenti stradali. Tre sono i gradi di entità del danno: di primo grado, in cui vengono lesionate solo alcune fibre del legamento, di secondo grado, quando sono interessate buona parte delle fibre (a volte più del 50%), di terzo grado quando il legamento è completamente rotto. Approccio conservativo e chirurgico saranno scelti dal medico in base alla gravità della lesione e al tipo di paziente coinvolto: se sportivo si interverrà chirurgicamente, se anziano sarà previsto l’utilizzo di un tutore.
ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE (LCA)
In caso di rottura, subito dopo il trauma, si deve procedere con l’applicazione del ghiaccio sulla zona dolente e recarsi subito al pronto soccorso dove saranno svolti tutti gli accertamenti; sarà probabilmente consigliata l’applicazione di un tutore, l’elevazione dell’arto e il riposo assoluto. Passata la fase acuta il paziente potrà togliere il tutore e iniziare a deambulare, senza caricare eccessivamente l’articolazione, e dovrà approcciarsi alla terapia riabilitativa. I legamenti non guariscono autonomamente per cui, senza approccio chirurgico, è impossibile un recupero ottimale; tuttavia non tutti coloro che affrontano questo tipo di lesione vengono operati. La fisioterapia sarà utile anche in queste casistiche: il paziente sarà in grado di avere pieno controllo sulla sua articolazione, imparando a convivere con l’instabilità del suo ginocchio.
DISTORSIONI DEL GINOCCHIO
Lesioni della capsula e dei legamenti delle articolazioni, le distorsioni sono infortuni causati da traumi o movimenti innaturali che traumatizzano i legamenti parzialmente o totalmente. Diverse sono le tipologie di distorsioni: di primo grado, lievi e caratterizzate da poco dolore, di secondo grado, con articolazione instabile in seguito ad una lesione parziale, e di terzo grado quando il legamento si rompe completamente. Dolore, gonfiore e limitazione nella deambulazione sono i sintomi di questa patologia che deve essere trattata dopo aver superato la fase acuta dei primi giorni; solo successivamente il fisioterapista potrà creare un programma terapeutico con ricorso a tecarterapia, ultrasuoni e ionoforesi.
FRATTURA DEL PIATTO TIBIALE
La tibia è una delle tre ossa che formano il ginocchio, una delle principali articolazioni del nostro corpo. Dopo un trauma ad alta energia (cadute dall’alto), un incidente automobilistico o sportivo la superficie superiore della tibia può spezzarsi causando dolore, gonfiore, deformità e intorpidimento. Le fratture possono essere chiuse o esposte a seconda della fuoriuscita, o meno, dell’osso e quindi trattate in modo diverso, a seconda dell’entità del danno: saranno trattate chirurgicamente tutte le fratture che non siano composte . Attraverso il trattamento conservativo il piatto tibiale del paziente sarà messo in sicurezza tramite l’impiego di mezzi necessari alla camminata, come stampelle o deambulatore; il metodo chirurgico prevede invece due tipi di tecniche, fissazione esterna o interna, attraverso le quali il chirurgo cerca di ricomporre la frattura.
LUSSAZIONE DELLA ROTULA
Tipologia di danno relativa all’articolazione femoro-rotuleo la rotula è quell’osso rotondeggiante sito nella parte anteriore del ginocchio e svolge l’importante compito di permettere l’estensione della gamba, proteggendo gli elementi articolari. La lussazione, infortunio che colpisce prevalentemente le donne di età compresa tra i 14 ed i 17 anni, avviene a seguito di un improvviso spostamento della rotula che si sposta dalla sua sede naturale a seguito di un impatto notevole. Dolore, tumefazione e versamento sanguigno sono i sintomi di questo danno che dev’essere prontamente curato tramite l’approccio conservativo (con l’utilizzo del tutore) o chirurgico; il normale ritorno all’attività sportiva sarà, in quest’ultimo caso, consentito solo dopo due-tre mesi.
SINDROME DELLA BANDELLETTA ILEOTIBIALE
Problematica meglio anche conosciuta come “ginocchio del corridore” vista la tendenza a manifestarsi durante la corsa quando si avverte un dolore al ginocchio che si arresta solo interrompendo l’attività sportiva. Molto spesso capita che, non sentendo sofferenza, l’atleta creda si sia trattato di un disturbo passeggero ma, se non curata, questa sindrome può provocare danni seri a carico della flessione dell’articolazione. Fattori sportivi e anatomici sono le cause di questa infiammazione che spesso è determinata dalla debolezza della struttura supportiva del ginocchio; esercizi preventivi di stretching saranno quindi fondamentali per lo sportivo.
SINDROME FEMORO ROTULEA
Quadro infiammatorio a carico del ginocchio che, dopo camminate o attività sportive, inizia a dolere nella sua parte mediale arrivando, nei casi più gravi, a coinvolgere tutta la coscia. Qualora il ginocchio fosse molto infiammato il paziente dovrà rispettare un periodo di riposo (nel quale è prevista una immobilizzazione dai tre ai sette giorni) dopo la quale inizierà il programma riabilitativo con le terapie fisiche (laser, tecarterapia e onde d’urto). Solo nei casi più gravi, in presenza di lussazioni abituali ed instabilità, sarà necessario ricorrere all’intervento chirurgico tradizionale o artroscopico.
SINDROME DI OSGOOD-SCHLATTER
Affezione dolorosa che colpisce i ragazzi tra i 10 ed i 16 anni (che svolgono più frequentemente sport) è un processo degenerativo che causa una protuberanza sotto al ginocchio, a livello della tuberosità tibiale anteriore dolore e gonfiore. Ghiaccio, riposo e terapie fisiche sono i principali alleati di questa patologia che, regredendo spontaneamente, non necessita di trattamento chirurgico.
TENDINOPATIA ROTULEA
Anche conosciuta come il “ginocchio del saltatore” questa tendinopatia è una lesione del tendine rotuleo che, eccessivamente sovraccaricato, si lesiona come accade sovente negli atleti di basket e di pallavolo, dove è presente nel 40% dei casi. Il sintomo principale è un dolore localizzato nella parte anteriore del ginocchio unito a calore, arrossamento e gonfiore; questo stato infiammatorio può anche scomparire nella fase iniziale portando il paziente a trascurare il problema tanto che, spesso, si aggrava peggiorando notevolmente la situazione. Se non curata la tendinopatia inizia ad interferire con le attività della vita quotidiana limitando il paziente e diventando cronica. Riposo, farmaci e fisioterapia adeguata saranno fondamentali per il recupero che non è quasi mai trattato chirurgicamente.
ARTROSI DEL GINOCCHIO
L’artrosi è una patologia degenerativa molto comune tra gli anziani, talvolta interessa anche i giovani ed è caratterizzata dal deterioramento della cartilagine e che, anche per formazione di osteofiti, provoca una sensazione di dolore. Le articolazioni più interessate sono l’anca, la colonna vertebrale, le dita delle mani e dei piedi ed il ginocchio; quest’ultimo può soffrire di artrosi primaria, legata all’usura, o secondaria come conseguenza di traumi. Inizialmente il dolore è occasionale ma arriva a colpire il paziente che lamenta sofferenza anche quando l’articolazione è a riposo, come avviene nei casi più conclamati. Il trattamento conservativo, purtroppo, non è sufficiente per curare questa patologia: i farmaci possono lenire il dolore ma non curare la malattia. La chirurgia rappresenta quindi l’unica soluzione ed è caratterizzata da una protesi artificiale che sostituisce l’articolazione danneggiata. Anche l’artroscopia, nelle fasi iniziali della degenerazione artrosica può rappresentare una valida strada da seguire, essendo meno invasiva e procedendo tramite una sorta di pulizia degli elementi di attrito.
CHIRURGIA PER ROTTURA DEL TENDINE CROCIATO POSTERIORE (LCP)
Non sempre si possono suturare le due estremità di un legamento rotto e, qualora fosse impossibile, tramite intervento chirurgico si effettuerà la vera e propria costruzione di un legamento, tramite un innesto di tessuto che fungerà da base per la nascita di quello nuovo. La sua crescita presenta una tempistica non proprio breve quindi, prima che l’atleta possa riavvicinarsi all’attività sportiva, passerà diverso tempo. Come sempre fondamentale la terapia che gioco un ruolo importante nella riabilitazione.
CHIRURGIA PER ARTROSI DEL GINOCCHIO
Il trattamento chirurgico rappresenta la soluzione più valida per la cura dell’artrosi al ginocchio che non può più essere affrontata solo tramite l’uso di farmaci e le terapie fisiche; qualora la qualità di vita del paziente fosse ormai danneggiata e limitata, la chirurgia può rappresentare una svolta ed è effettuata tramite la tecnica artroscopica, meno invasiva, o tramite la sostituzione dell’articolazione con una protesi artificiale. Prevenire è meglio che curare, diceva un vecchio detto; lo sport ed il mantenimento del peso forma sono essenziali al fine di evitare l’usura eccessiva dell’articolazione.
CHIRURGIA PER FRATTURA DEL PIATTO TIBIALE
Fissazione esterna o interna: queste le due tecniche chirurgiche maggiormente utilizzate per operare la stabilizzazione di una frattura del piatto tibiale. Il medico valuterà se eseguire la riduzione e la stabilizzazione del focolaio fratturativo dall’esterno, tramite fissatori esterni, o se dall’interno tramite un’incisione chirurgica; la prima tecnica viene generalmente utilizzata in presenza di fratture esposte con compromissione eccessiva dei tessuti molli che, in seguito al trauma, si sono notevolmente lesionati.
CHIRURGIA RIABILITAZIONE PER FRATTURA DELLA ROTULA
Si procede al trattamento chirurgico in presenza di una frattura scomposta, in modo da ridurla e fissarla evitando la scomposizione nel processo di guarigione; la stabilizzazione avviene tramite i mezzi di sintesi come viti, fili metallici e cerchiaggi. Nei casi di frattura pluriframmentata come da scoppio il medico, trovandosi di fronte ad un caso limite, può anche decidere, essendo impossibile una ricostruzione dei frammenti, di asportare tutta la rotula, eseguendo una patellectomia o anche di sostituirla, in casi particolari, con una protesi ma questa opzione resta, tuttavia, l’ultima spiaggia da affrontare. In generale, il recupero dipende da molti fattori (possibili infezioni, ritardo nella consolidazione della frattura etc) ma, tramite un buon programma fisioterapico, è possibile tornare alle proprie attività quotidiane.
CHIRURGIA PER MENISCOPATIA E ROTTURA DEL MENISCO
Se la terapia conservativa non è sufficiente il medico potrà ritenere necessario l’intervento chirurgico: oggi non si procede più, come in passato, alla rimozione dell’intero menisco ma si procede, se possibile suturando e riparando la struttura danneggiata. Se la porzione fosse troppo compromessa e non fosse possibile la sutura meniscale, allora si procederà all’asportazione della parte del menisco lesa. A seguito dell’intervento chirurgico il paziente dovrà dedicare del tempo alla fisioterapia che si dimostra sempre più fondamentale al recupero della mobilità, della flessibilità e del tono articolare dell’arto.
CHIRURGIA PER ROTTURA DEI LEGAMENTI COLLATERALI (LCM)
Qualora i trattamenti conservativi non favorissero la normale ripresa del legamento sarà necessario intervenire tramite la chirurgia che, attraverso delle suture con dei fili non riassorbibili e una riabilitazione adeguata, garantirà il ritorno all’attività quotidiana.
CHIRURGIA PER ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE (LCA)
L’intervento prevede la sostituzione del legamento con un impianto tendineo che sarà fissato con due viti, una al femore ed una alla tibia; questa tecnica di ricostruzione dura circa un’ora ed è eseguita in artroscopia. Per la corretta riuscita dell’operazione sarà necessario svolgere della fisioterapia, che potrà essere eseguita già nei giorni successivi all’intervento. Il pieno recupero dell’attività quotidiana sarà possibile dopo uno/due mesi, mentre per quello sportivo la ripresa sarà più lenta e potrebbero essere necessari anche sei mesi di tempo.
CHIRURGIA PER ROTTURA TENDINE ROTULEO O QUADRICIPITALE
In caso di rottura parziale del tendine il metodo previsto è conservativo, tramite l’immobilizzazione dell’arto, mentre nel caso di rottura totale è necessario l’intervento chirurgico che consiste nel ricongiungimento delle estremità tendinee spezzate, attraverso dei punti di sutura. La fisioterapia è fondamentale per accelerare il recupero del paziente e consiste nell’utilizzo di tecniche manuali, come i massaggi, e fisiche con l’ausilio di strumenti tra i quali tecarterapia ed ultrasuoni.
CHIRURGIA PER LESIONI CARTILAGINEE
Il trattamento per la cura delle lesioni cartilaginee è di tipo conservativo, in caso di trauma lieve, o chirurgico se l’infortunio è medio-grave. Qualora riposo, farmaci ed esercizi non contribuissero ad un miglioramento, risulterà necessario procedere con l’approccio chirurgico nel quale sono previsti diversi trattamenti: la pulizia dell’articolazione (levigazione della cartilagine lesionata), la stimolazione del midollo osseo (foratura che permette di stimolare i vasi sanguigni in modo da riattivare la formazione di una nuova cartilagine), il trapianto di tessuti cartilaginei e, infine l’impianto dei condrociti (le sue cellule) precedente prelevati che, coltivati e reimpiantati, dovrebbero stimolare la nascita di quelli nuovi.
CHIRURGIA PER SINDROME FEMORO-ROTULEA
Particolarmente indicato nei casi di giovani pazienti che presentano il rischio di recidive, il trattamento chirurgico in artroscopia prevede la riparazione del legamento mediale mentre con quello tradizionale si corregge anche l’alterazione ossea. La riabilitazione post- operatoria varia in base alla tecnica operatoria scelta dal chirurgo.
RIABILITAZIONE PER ROTTURA DEL TENDINE ROTULEO e/o QUADRICIPITALE
L’obiettivo della prima fase della riabilitazione consiste nel recuperare la mobilità dell’articolazione rimasta immobilizzata, tramite esercizi isometrici, isotonici e isocinetici; seguiranno delle tecniche di mobilizzazione e massaggio che serviranno a recuperare il movimento e a lavorare sui tessuti molli. Tecarterapia e ultrasuoni saranno utilizzati nella prima settimana post intervento, ipotermia (riscaldamento della zona sofferente) e laserterapia nella seconda, fino ad arrivare a esercizi di rinforzo muscolare, di allungamento e di equilibrio, in modo da recuperare l’uso corretto dell’articolazione.
RIABILITAZIONE PER FRATTURA DELLA ROTULA
La prima parte della riabilitazione sarà dedicata alla cura del dolore che sarà lenito non solo tramite farmaci ma, soprattutto, grazie a massaggi drenanti che sgonfieranno la parte sofferente; successivamente il compito del fisioterapista sarà cercare di recuperare la mobilità dell’articolazione, facendo ponendo attenzione ai mezzi di sintesi. Si possono effettuare, quasi fin da subito, dei momenti cercando di ridurre il carico sulla rotula, per esempio utilizzando l’Alterg oppure anche in acqua: questo tipo di riabilitazione trova particolare beneficio poiché la diminuzione della forza di gravità rende i movimenti più fluidi, naturali e spontanei come difficilmente avverrebbe in palestra. Dopo un mese sarà possibile lavorare sui muscoli, colpiti da trofismo, per poi svolgere esercizi propriocettivi (che, volti a creare situazioni di instabilità, sono fondamentali per ripristinare i riflessi) e di equilibrio.
RIABILITAZIONE PER LESIONE CARTILAGINEA
Nella prima fase il paziente deve aspettare che diminuiscano il dolore ed il gonfiore e, solo successivamente, l’obiettivo è volto al recupero della completa articolarità tramite degli esercizi che diminuiscano il trofismo degli arti colpiti, a seguito dell’immobilizzazione; si procede infine ad eseguire degli esercizi propriocettivi e di coordinazione neuro-muscolare fino ad arrivare al recupero del gesto sportivo che rappresenta la fase finale della riabilitazione, nonchè quella più difficile. Molto importanti sono le superfici lavorative (erba, acqua, sabbia…) sulle quali il paziente lavorerà e che saranno scrupolosamente scelte dal proprio fisioterapista, e il tipo di allenamento che non dovrà avere un carico sempre ben dosato.
RIABILITAZIONE PER LESIONE DEI MENISCHI
È importante precisare che, in caso di meniscopatia degenerativa, l’unico approccio previsto è quello conservativo che, tramite le terapie fisiche (laserterapia e tecarterapia), è in grado di riabilitare il paziente eliminando il dolore che lo affligge; nel caso invece di meniscopatie da traumi l’approccio previsto è quello chirurgico, cui seguirà una terapia riabilitativa in grado di ripristinare il recupero lavorando sui muscoli e sull’articolarità.
RIABILITAZIONE PER ROTTURA DEI LEGAMENTI COLLATERALI (LCM)
Le lesioni di primo e secondo grado, non trattate chirurgicamente, prevedono che il paziente possa caricare l’arto immediatamente, a patto che non senta dolore; nell’arco di tre/sette settimane può ritornare a svolgere l’attività sportiva grazie a degli esercizi che, tramite il rinforzo dei muscoli, gli consentiranno di avere un controllo della coordinazione fino ad arrivare al pieno recupero del gesto sportivo.
RIABILITAZIONE PER TENDINOPATIA ROTULEA
Una volta effettuata la diagnosi corretta il paziente deve affrontare un periodo di riposo unito a terapie fisiche come laserterapia, tecarterapia e onde d’urto, in grado di sfiammare il tendine compromesso. L’approccio conservativo si rivela utile nella maggior parte dei casi ma, qualora l’entità del danno fosse più grave, rimarrebbe la chirurgia che richiede un recupero più lungo. La ripresa avviene dopo circa un mese e mezzo ma può arrivare anche a sei negli stadi più elevati della compromissione. Lo stretching è un ottimo alleato per la prevenzione: non solo è importante per la buona riuscita di un’attività fisica ma è decisivo per prevenire la tendinopatia.
RIABILITAZIONE PER ARTROSI DEL GINOCCHIO
L’attività fisica non solo previene il deterioramento delle articolazioni ma, in caso di danno già esistente, leniscono un po’ il dolore. Uno stile di vita sano caratterizzato da attività fisica e perdita di peso (molti di coloro che soffrono di artrosi sono in sovrappeso) sono utili per ridurre il dolore e migliorare la funzionalità dell’articolazione coinvolta. Le terapie fisiche possono aiutare un poco ma, spesso, è necessario affrontare un’operazione chirurgica qualora il danno fosse già ad uno stadio avanzato. In ogni caso è bene procedere prima con la tecarterapia e la laserterapia che, normalmente, offrono dei buoni risultati. Il ruolo del fisioterapista è fondamentale in questa fase poichè permette al paziente di lavorare effettuando degli esercizi in grado di rinforzare i muscoli delle cosce, aumentando la flessibilità del ginocchio.
RIABILITAZIONE PER FRATTURA DEL PIATTO TIBIALE
La frattura del piatto tibiale è una patologia che, come tutte le fratture delle ossa, può essere trattata in modo diverso in base al tipo di lesione e alla gravità del trauma. Sia in caso di applicazione di tutore, nei casi più lievi, sia dopo un intervento chirurgico il paziente dovrà affrontare un periodo di immobilizzazione in modo da scaricare l’arto. Terminata questa fase potrà iniziare a svolgere la fisioterapia in modo da recuperare il rinforzo muscolare e l’elasticità del ginocchio. Completa la riabilitazione la fase dinamica caratterizzata da esercizi propriocettivi, mentre per il ritorno all’attività sportiva saranno necessari siano trascorsi cinque-sei mesi dal trauma.
RIABILITAZIONE PER LUSSAZIONE DELLA ROTULA
La riabilitazione prevede una immobilizzazione per due settimane, seguita da elettrostimolazioni e terapie farmacologiche subito dopo la fase acuta; esercizi volti a riallineare la rotula, di rieducazione, mirati al potenziamento del muscolo quadricipite e di quello vasto mediale, e di potenziamento saranno fondamentali nel percorso riabilitativo di questa lussazione.
RIABILITAZIONE PER SINDROME DELLA BANDELLETTA ILEO-TIBIALE
Appare importante sottolineare come, sia per lo sportivo che per il neofita, sia opportuno effettuare degli esercizi di stretching prima di qualsiasi attività sportiva: “a freddo” le articolazioni sono meno elastiche e maggiormente esposte ai traumi. A seguito del “ginocchio del corridore”, nel quale l’atleta durante la corsa avverte un forte dolore placato solo dall’interruzione dello sport, la miglior terapia riabilitativa prevista è il riposo: in fase acuta sarà necessario sospendere qualsiasi tipo di attività quotidiana per due-quattro settimane. L’associazione della fisioterapia con mezzi fisici (tecarterapia, laser, crioterapia) è essenziale al fine del recupero totale dell’articolazione compromessa.
RIABILITAZIONE PER SINDROME DI OSGOOD-SCHLATTER
L’insorgenza di questa patologia scompare così come è apparsa, in concomitanza con la crescita ossea dei pazienti, entro due anni dalla manifestazione iniziale. Nella fase acuta il paziente deve interrompere l’attività fisica e, per lenire il dolore, possono essere prescritti dei farmaci; fondamentale iniziare subito dei cicli di fisioterapia che, tramite magnetoterapia e tecarterapia, sono volti a rilassare e decontratturare il muscolo quadricipite.
RIABILITAZIONE PER ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO POSTERIORE (LCP)
L’obiettivo della prima fase della riabilitazione, in seguito alla chirurgia, prevede il controllo del dolore ed il riassorbimento dell’edema, cui seguiranno esercizi per il recupero ed il rinforzo muscolare. In ogni caso l’attività sportiva potrà essere ripresa dal paziente ma non prima di quattro, otto mesi; questo perché l’approccio operatorio risulta essere più invasivo rispetto al metodo conservativo nel quale sono previsti il riposo, l’utilizzo di un tutore ed esecuzione di esercizi fisioterapici volti al graduale recupero della flessione e del movimento.
RIABILITAZIONE PER ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE (LCA)
Il programma riabilitativo dipende da molti fattori tra i quali: l’età e la condizione clinica del paziente, il tipo di intervento eseguito e il protocollo riabilitativo utilizzato. La riabilitazione prevede diverse fasi: inizialmente si cercherà di ridurre il gonfiore e lo stato infiammatorio del paziente tramite le terapie fisiche (tecarterapia e laser) che svolgeranno un’azione drenante sui tessuti, attraverso la stimolazione energetica direttamente dall’interno; successivamente si dovrà recuperare il tono muscolare e il movimento dell’articolazione tramite degli esercizi attivi e passivi, di propriocezione e di rieducazione al cammino. Il fisioterapista accompagnerà questo percorso avvalendosi della manipolazione, dell’ utilizzo Dell’ALTERG e di macchinari in grado di rinforzare il muscolo dolente.
RIABILITAZIONE PER DISTORSIONI DEL GINOCCHIO
Subito dopo una distorsione il paziente deve applicare il protocollo RICE: riposare l’articolazione e immobilizzarla, applicare del ghiaccio, comprimere il ginocchio tramite delle fasciature, ed elevare l’arto, posizionandolo su dei cuscini in modo da scaricare l’articolazione. Dopo una vista il medico deciderà come procedere ma, solitamente, le distorsioni sono trattate con il metodo conservativo e, tramite il rinforzo della muscolatura della coscia, si procederà a stabilizzare l’articolazione colpita evitando le possibili recidive.
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